Rebiennale è una piattaforma collaborativa creata da una rete di cittadini veneziani, studenti, architetti, artisti ed attivisti politici, per condividere metodi, processi e competenze legate all’autocostruzione, ”per descrivere ciò che il progetto d’architettura non è in grado di raccontare e che il potere stenta a capire: l’insorgere dal basso dell’abitare come pratica del fare comune”.
Nasce in occasione della 11. Mostra Internazionale di Architettura a Venezia grazie alla sinergia tra curatori ed architetti partecipanti alle mostre Experimental Architecture (Padiglione Italia, Giardini) e L’italia cerca casa (Padiglione Italiano, Arsenale) e varie realtà associative, veneziane e non, impegnate nella sperimentazione dell’autorecupero e dell’autocostruzione come soluzioni innovative all’emergenza casa.
Sin dai primi passi, il nostro lavoro si è concentrato sugli enormi sprechi della mostra e le sperimentazioni che abbiamo messo in campo hanno avuto come obiettivo il riutilizzo degli scarti per un progetto condiviso di rigenerazione urbana.
In questo senso si sono sviluppati i primi laboratori con lo IUAV: insieme a studenti e docenti, abbiamo iniziato a studiare scientificamente il ciclo di vita dei padiglioni sino a redigere le valutazioni di impatto ambientale (Life Cycle Assessment), collezionando così strumenti utili a comprendere e risolvere le criticità incontrate.
Dal 2008 ad oggi abbiamo realizzato numerosi workshop di ‘disallestimento’ ed ‘autocostruzione’ che hanno coinvolto e creato solide alleanze con professionisti ed istituti internazionali del calibro della Citè di Parigi (partnership all’interno del concorso europeo di architettura sostenibile Gaudi), British Council (arte ed architettura), Architecture Foundation di Londra (Rebiennale è case-study in ciclo di studi sul riutilizzo delle strutture delle Olimpiadi del 2012), l’università di Roma3, 2012 Architecten, Stalker Osservatorio Nomade, Exyzt e tanti altri.
Se da un lato, grazie soprattutto alla disponibilità di artisti e curatori nel condividere le proprie installazioni, queste sperimentazioni ci hanno consentito di approfondire le questioni “materiali” e di sperimentare nuove strategie per ottenere cicli di vita sempre più sostenibili, dall’altro ci hanno dato l’opportunità di intercettare le comunità locali nell’ottica di trovare una destinazione sociale (second life) ai materiali recuperati.
A tal proposito può essere esplicativo il documento Call for Second Life disponibile a questo indirizzo.
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