Su consiglio di Emiliano Gandolfi, nei giorni dell’appena trascorsa Vernice veneziana, siamo andati al centro occupato Morion, nel sestriere di Castello, accanto alla chiesa di San Francesco della Vigna.
Uno spazio non troppo grande, nascosto tra le case. C’eravamo capitati due anni fa, per una bella festa del magazine Nero e la musica di Alva Noto. Non si capiva bene, allora, come lo spazio venisse utilizzato, quali le attività, quale il rapporto con il quartiere.
Ci scopriamo, pochi giorni fa, un progetto interessante che prende forma proprio nei giorni inaugurali di questa Biennale d’Arte per dare ospitalità agli artisti del nuovo Internet Pavillion ospitato ai Magazzini del sale.
Parliamo con Giulio e Marina, due degli occupanti del Morion, ci spiegano che questo è solo l’inizio. Per ora stanno allestendo dormitori di fortuna con pannelli e tubi innocenti lasciati indietro dalla scorsa Biennale Architettura, ma il progetto è molto più complesso e a lungo termine. Hanno coinvolto l’università e ora sperano di coinvolgere il quartiere. Il Morion non sarà più un centro sociale per feste e concerti, ma anche, soprattutto, uno spazio che cerca il dialogo con gli studenti e la gente delle vie attorno.
L’idea è di inventare assieme i modi migliori per riciclare i quintali di preziosi scarti prodotti delle Biennali che, l’una dopo l’altra, tra arte e architettura, portano tante belle idee, ma troppo spesso anche inutili sprechi.
L’attività del Morion è appoggiata dallo IUAV, dalla Biennale, e (anche fisicamente) da molti gruppi internazionali, tra gli altri: i 2012 Architecten (NL), Stalker Osservatorio Nomade e i francesi di Exystche qualche anno fa (durante la Biennale Architettura del 2006) allestirono con uno squat davvero di successo il padiglione francese.
Qui il manifesto del Morion
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