ANOMALIE URBANE PER RIPENSARE LA CITTA’

Rebiennale rassegna stampa

VENEZIA · E alla Biennale si prepara il padiglione kurdo. Gran fermento culturale nel capoluogo veneto

Anomalie urbane per ripensare la città

Una rete e incontri tra writers, architetti, designer, grafici e artisti della Rebiennale

Orsola Casagrande
VENEZIA – dal manifesto del 28.04.2009

C’è un gran fermento a Venezia in questi giorni. E non è soltanto per la Biennale d’arte che si avvicina, il matrimonio di Pinault figlio e Salma Hayek che hanno inaugurato in maniera originale Punta della Dogana acquistata da papà Pinault.
Il fermento è tra Castello e Cannaregio,con qualche deviazione verso Santa Marta. Anomalie urbane, in una città che stancamente si trascina verso una fine primavera piovosa e densa di avvenimenti.
Anomalie urbane è anche il nome scelto per il ciclo di autoformazione promosso dagli studenti dell’Onda veneziana.

Insieme al ciclo di Rebiennale, alla “Macchina per fare il Morion”, alla HarvestMap, Anomalie urbane ha coinvolto studenti dello Iuav e dell’università di Ca’ Foscari, oltre a numerose altre persone, nella costruzione di un percorso comune. Una rete che va infittendosi di relazioni tra realtà cittadine ed europee. Dai writers di Urbancode ai collettivi di architetti, designers, grafici, artisti della rete Rebiennale.
La premessa “Make world before buildings” di Anomalie urbane è diventata pratica, azione e condizione per andare avanti insieme verso altri progetti e condividere esperienze e competenze, per intervenire nell’università e nella città.

L’ultima tappa (fin qui perché in pentola stanno già bollendo altre interessanti iniziative) di questo percorso che è passato dai giardini della Biennale architettura per il recupero dei materiali da parte di Rebiennale, dalle aule della facoltà di architettura dove la stessa Rebiennale ha tenuto i suoi seminari coinvolgendo gli studenti in un progetto che ha visto la partecipazione di Stalker, Exyzt, 2012 Architecten, tra gli altri.

Tappa quindi al centro sociale Morion per gettare le basi di ReMorion, ovvero come recuperare il centro sociale più vecchio di Venezia per restituirlo alla città “pieno” di tante idee e iniziative nuove. Proprio al centro sociale Morion si sono gettate anche le basi di quello che sarà Planet Kurdistan. Ovvero, il primo (non) padiglione kurdo nella storia della Biennale d’Arte. Planet K è infatti un evento collaterale della prossima Biennale e sarà alloggiato alla chiesa di San Leonardo a Cannaregio. Un progetto in fieri che
avrà il suo culmine nel workshop che si svolgerà nella stessa chiesa di San Leonardo a fine maggio.
Al Morion, tra un workshop e l’altro si è riusciti anche a costruire il prototipo della scuola elementare che verrà costruita in Sud Africa. E ora gli studenti Iuav che hanno seguito Rebiennale e presentato il lavoro di ricerca sulla “sostenibilità” della Biennale con il ciclo di autoformazione Anomalie urbane si concentreranno sulla fine-produzione del supporto materiale Harvest map e sul conseguente accesso ai crediti.
Nei giorni scorsi al Morion è stata presentata la HarvestMap. Si tratta del metodo di catalogazione e mappatura dei materiali(harvestmap) proposto nel workshop Iuav con 2012. Un lavoro sul campo da novembre a marzo, realizzato da alcuni studenti di architettura che hanno partecipato ai laboratori di autoformazione e al progetto Rebiennale.
«Abbiamo dato il via alle prime ricognizioni – spiegano gli studenti – durante il periodo di smontaggio della Biennale preparando la documentazione necessaria per la catalogazione: fotografie, video, schizzi e rilievi».
Una prima schedatura per lo studio dei materiali (collocazione, tipologia, elementi quantitativi e qualitativi, lavorazione, finiture) ci ha aiutato ad analizzare il ciclo di produzione: la provenienza, i costi, l’impatto ambientale e le trasformazioni che avvengono nel ciclo di vita “materiale” dall’origine allo smaltimento. Un ciclo non solo geografico ma economico in cui l’allestimento del padiglione nazionale è solo un segmento che viene però concepito e pensato da uno o più architetti, in questo senso abbiamo interpellato gli “autori” stessi della creazione.
Successivamente – e grazie all’intervento e al lavoro diMarco Zaccara, architetto del collettivo 2012 (Olanda) – gli studenti hanno individuato un metodo di ricerca e siamo partiti da un punto essenziale che è quello di lavorare non solo alla catalogazione dei materiali ma anche al loro “raggio di azione”, ossia alle possibilità che di stoccaggio e trasporto in maniera sostenibile (in termini di mezzi, consumi ed economia). Altro “trucco del mestiere”, come hanno sottolineato gli studenti nella loro presentazione al Morion, molto utile in fase di progetto, è stato quello di trovare una scala grafica per poter rappresentare le quantità dei materiali a disposizione.

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